Se il progetto dovrà portare a Chiusa la frequenza di visite auspicata, un piano del traffico ad hoc diventa presupposto irrinunciabile per la sua realizzazione.
Se il progetto dovrà portare a Chiusa la frequenza di visite auspicata, un piano del traffico ad hoc diventa presupposto irrinunciabile per la sua realizzazione.
Nella stretta vallata la situazione del traffico è difficile. A fronte di un afflusso di 50.000 visitatori si rende necessaria una nuova politica di gestione del traffico. Incluso il trasporto pubblico. Ce ne sarà una? Chi se ne occuperà?
Lo studio di concretizzazione commissionato per l’Area artistico-culturale esaminerà la situazione parcheggi e il volume di traffico legato all’esistenza di questa nuova area, individuando possibili soluzioni. Lo studio fungerà poi da base per un successivo piano del traffico da redigersi per inserire il progetto nell’ambito della proposta generale di viabilità* per Chiusa. Certo è che la rete di trasporti pubblici (treni, autobus) è destinata a diventare un’alternativa interessante per il raggiungimento dell’Area artistico-culturale di Chiusa (es. biglietti combinati, comprensivi anche del viaggio di andata con i mezzi di trasporto pubblico).
(Livello di approfondimento sulla proposta generale di viabilità):* Già nell’ambito del Progetto Interreg IV “REVITA. Città storiche:Vita nuova” (2012), lo studio allora incaricato del progetto, “Stadtlabor.org” (Architetti Lanz/Mutschlerchner), aveva accertato che “per la mobilità individuale, anche di pedoni e ciclisti, la rete viaria è complicata.” Lo studio suggeriva, fra l’altro, alcune soluzioni che prevedevano la realizzazione di un ulteriore ponte sull’Isarco.
Non è tutto troppo grande? Chiusa, piccola com’è, vuol davvero concorrere con grandi musei del calibro del MUMOK o del quartiere viennese dei musei?
“Concorrenza” non è un termine appropriato in questo contesto. Chiusa farebbe infatti male a voler mettersi in concorrenza con ambienti espositivi come quelli del MUMOK, il Museo d’arte moderna di Vienna o, sempre nella stessa città, il Leopoldmuseum.
Ciascuno di questi musei, con i suoi 5000 metri quadri circa di superficie espositiva, è addirittura sette volte più grande del museo oggi proposto per Chiusa, con i suoi 750 metri quadri.
Eppure la collaborazione e partecipazione a reti con queste due strutture è un obiettivo realistico se si pensa che le collezioni del Leopoldmuseum rappresentano anch’esse l’arte del XIX e XX secolo mentre il MUMOK raccoglie produzioni artistiche più recenti e contemporanee.
Si asserisce che, con la realizzazione della nuova “Casa”, Chiusa potrebbe riallacciarsi al suo passato di Colonia artistica diventando una moderna Città per l’arte. Chi ci dice che dei giovani artisti vogliano venire a Chiusa? E cosa facciamo se dovessimo avere il museo ma non avessimo giovani artisti che vengano qui?
Al momento gli artisti hanno notevoli difficoltà a svolgere la loro attività creativa. Il motivo è il seguente: se gli artisti ancora dispongono di ateliers e spazi a sufficienza durante gli studi alle università e accademie d’arte, dopo gli studi questa disponibilità di spazi si riduce in maniera eclatante per la mancanza di locali a canoni di affitto accettabili.
Chiusa potrebbe aiutare a superare questa strozzatura nel processo creativo dei giovani mettendo a disposizione ateliers temporanei studiati sulle specifiche esigenze degli artisti contemporanei. Si verrebbe così a creare una situazione win-win: ogni produzione artistica lì realizzata sarà sempre legata al nome di Chiusa e dei suoi abitanti propensi a promuovere l’arte. Esattamente come le opere create 100–150 anni fa nell’ambito della Colonia artistica di Chiusa e ancora oggi inscindibilmente legate alla città e ai suoi abitanti.
Ma gli ateliers e i laboratori non possono essere creati indipendentemente, anche in luoghi diversi dal progetto?
Un decentramento degli ateliers e/o laboratori per artisti è essenzialmente possibile e meritevole di considerazione. Nell’ambito della seconda fase del progetto si studierà e valuterà in che misura una concentrazione o, al contrario, una dissipazione delle offerte sia di vantaggio per il successo del progetto nel suo complesso.
Nel contesto del dibattito sulla possibile sede del museo e sulla necessità o meno di costruirne una nuova, si continua a parlare di “museo al passo con i tempi”. Cosa significa il termine “moderno” in questo contesto?
Un museo al passo con i tempi non è più solo da intendersi quale luogo di conservazione sicura di tesori artistici. Si concepisce piuttosto come luogo vivo, al servizio del pubblico, luogo di istruzione impegnato nella mediazione dei contenuti. Nel Code of Ethics for Museums 2003, internazionalmente noto, si legge questa descrizione:
“Un museo è un’istituzione permanente, senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo. È aperto al pubblico e compie ricerche che riguardano le testimonianze materiali e immateriali dell’umanità e del suo ambiente: le acquisisce, le conserva, le comunica e, soprattutto, le espone a fini di studio, educazione e diletto.” [Definizione tratta dalla versione italiana ufficiale: http://archives.icom.museum/codes/italy.pdf N.d.T.]
Ma a Chiusa non potrebbe funzionare anche con un museo molto più piccolo?
Esattamente come le strutture maggiori, i progetti museali di piccole dimensioni possono essere gestiti in modo professionale e conforme agli odierni standard museali.
Solo che gli obiettivi futuri formulati da Chiusa sono molto più difficilmente realizzabili nell’ambito di un progetto fortemente ridotto in termini di dimensioni. Ricordiamo che, pur avendo già un museo in questo ordine di grandezza, Chiusa non è finora riuscita a conseguire su questa strada gli obiettivi prioritari che si è fissata.