Il potenziale offerto dalla Colonia artistica

L’im­pul­so iniziale alla nasci­ta del­la Colo­nia artis­ti­ca di Chiusa, il cui più pres­ti­gioso espo­nente è Alexan­der Koester, risale al 1874: per seg­nalare il pre­sun­to luo­go di nasci­ta di Walther von der Vogel­wei­de fu appos­ta una lapi­de com­mem­o­ra­ti­va al Maso Vogel­wei­der­hof di Lajon.

Fino al ter­mine del­la Colo­nia artis­ti­ca nel 1914 si attes­ta l’in­ten­sa attiv­ità di cir­ca 300 pit­tori e dis­eg­na­tori a Chiusa. Gli artisti del­la Colo­nia oper­a­vano in cit­tà, e nei pae­sag­gi nat­u­rali dei din­torni, come sogget­ti sot­to molti aspet­ti “estranei”. La loro pre­sen­za plas­ma­va le gior­nate dei Chiu­sani; con la loro pre­sen­za ori­en­ta­vano le vicende del paese su nuove strade. E non sorsero solo innu­merevoli opere, tal­vol­ta anche molto importanti. 

Dal­la vita comune di quel­la “cit­tad­i­na degli artisti” (si pen­si alle dis­cus­sioni in atto nei cir­coli artis­ti­ci delle antiche locan­de di Chiusa,  nac­quero anche pun­ti di con­tat­to nei quali si incon­tra­vano, scon­tra­vano e forse anche scuote­vano realtà (esisten­ziali e di val­ori) diverse e fecon­dan­tisi a vicen­da. Tut­to questo fu reso pos­si­bile dal “calore del­lo sfrega­men­to” gen­er­a­to dal­la sti­mo­lazione e dal­la con­frontazione. Con il risul­ta­to di una quo­tid­i­an­ità comune, pul­sante e fiorente.


È ques­ta la for­ma esisten­ziale dis­til­l­a­bile come ele­men­to saliente da una “cit­tà degli artisti”. I pun­ti di frizione e attri­to fra mon­di che entra­no in con­tat­to non ven­gono “solo” tollerati. Ben­sì riconosciu­ti come fer­til­ità di un nuo­vo biotopo e sti­mo­lati, in ques­ta fun­zione, con inizia­tive e proposte.