Contributo di un/a cittadino/a
Ritengo che l’Area artistico-culturale in Chiusa sia un’occasione unica, di quelle che capitano solo una volta ogni 30 anni.
Il museo, poi, è finanziato in parte anche dall’esterno e questo significa che la ricchezza, solitamente destinata ad altri luoghi dell’Alto Adige, arriverà invece a Chiusa. Direttamente (come struttura museale) e indirettamente (servizi, gastronomia, commercio), il Museo creerà nuovi posti di lavoro, gli immobili di Chiusa aumenteranno di valore (da un giorno all’altro, con l’inaugurazione del museo) e il profilo della città come cittadina degli artisti risulterà ancora più marcato.
Sulla sede o sulla costruzione di una struttura piuttosto che sulla ridestinazione di una struttura già esistente non sarò io a decidere; lo sapranno gli architetti e i gestori del museo. Un nuovo elemento paesaggistico (nuova costruzione) potrebbe però essere certamente interessante.
Feedback dello staff di esperti
Molti esempi di nuove sedi culturali presenti in giro per il mondo dimostrano che i timori relativi agli alti investimenti in strutture culturali sono senz’altro preoccupazioni motivate e componente essenziale del processo di realizzazione e identificazione di una città/comunità che affronta un simile progetto.
Le infrastrutture culturali, inoltre, influenzano sempre (necessariamente) il tessuto di una città modificando lo sguardo su di essa. E anche questo può generare insicurezze.
Al tempo stesso, tuttavia,
- le infrastrutture culturali rappresentano una forza speciale per la città e i suoi dintorni, scatenano emozioni, generano legami e fungono quindi da forti elementi di identificazione. I cittadini, spesso inizialmente critici di fronte al progetto, si mostrano al termine dei lavori orgogliosi della “loro sede culturale“;
- le strutture culturali richiamano l’attenzione di appassionati d’arte, architettura e cultura generando una notevole attrattiva sul pubblico turistico;
- la presenza e l’insediamento di artiste/i valorizzano le città e i loro quartieri rendendoli interessanti per nuove fasce di popolazione e nuovi settori economici (artigianato, gallerie, attività creative ecc.). Il fenomeno di un cambiamento delle strutture socio-culturali è noto tecnicamente con il termine di “gentrificazione”, processo osservabile soprattutto nelle regioni e nei quartieri metropolitani più sfavoriti che, grazie ad appositi progetti, riscoprono una nuova capacità attrattiva destinata a durare nel tempo.
Certo è che una struttura culturale è solo un componente di una strategia d’insieme più complessa e, come tale, non può certo risolvere da sola tutti i problemi di una città. Nel caso di Chiusa vanno certamente studiati una certa proporzionalità e un confezionamento su misura, eppure anche grandi progetti di successo, come la “Kulturhuset” di Stoccolma, il centro Paul Klee di Berna, il complesso “Zeche Zollverein” della zona della Ruhr, possono ispirare le riflessioni su Chiusa dimostrando come i progetti culturali, come quello considerato ora per Chiusa, possano senz’altro essere fecondi.